Caipiroska #15 | La natura ambigua della gamificazione
Il giapponese, Duolingo, il design del tempo utile
Questa mattina doveva uscire un numero di Caipiroska dedicato a un’analisi di UX Content approfondita, alla quale abbiamo lavorato molto nell’ultimo mese.
Qualcosa non è andato: abbiamo deciso di spostarla al prossimo mese. Cosa ha spostato il nostro tempo in avanti? Abbiamo bucato delle date: le persone coinvolte nel processo erano diverse, interne ed esterne a Officina Microtesti, e un piccolo ritardo ha avuto impatto sul nostro tempo.
Tre settimane fa PagoPa mi ha fatto delle domande sul tempo e sul design, che sono diventate un’articolo. E allora approfitto di questa insolita Caipiroska per riflettere sul tempo, su come lo usiamo, sulla dipendenza da design e contenuti.
E su come sta procedendo il mio studio delle lingue su Duolingo.
Il giapponese, Duolingo e io
Da qualche settimana ho iniziato a studiare il giapponese su Duolingo. Duolingo è un’app per imparare lingue straniere basata su un processo di apprendimento per gamification. Le lezioni sono organizzate in sezioni tematiche (per esempio, salutare e presentarsi o ordinare cibo e bevande), l’app conta i giorni di login, propone sfide giornaliere e settimanali e quiz di verifica. Ci sono ricompense (come il raddoppio dei punti o delle “gemme” per partecipare a eventi speciali), c’è anche una classifica e ogni settimana si può salire a un nuovo livello.
Ho iniziato 50 giorni fa, durante un weekend al mare. Una persona accanto a me lo stava usando, e mi era sembrato un ottimo modo per impiegare il tempo al posto di perderlo sui social.
La promessa di Duolingo è un percorso che, con 15 minuti al giorno, può portare fino al livello C1. A me serviva per riprendere un po’ la lingua, che avevo studiato all’Università molti anni fa e usarla in viaggio.
Le lezioni delle prime settimane sono andate via senza grossi problemi: conoscevo sintassi, caratteri e parole. Poi ho superato la prima sezione, e il bagaglio di conoscenza che avevo già si è progressivamente assottigliato.
Nel frattempo, settembre è passato e sono aumentate le attività di lavoro. Il contatore dei giorni di Duolingo però è impietoso. Di sera, mentre preparo la cena o prima di andare a dormire, mi costringo a rincorrere la classifica e a fare esercizi sempre più difficili. Sbagliando molto, ricordando pochissimo.
Quanto vale il nostro tempo? Dipende. Potrei dire che sto usando i miei 15 minuti al giorno per fare qualcosa di utile. Entrambe le affermazioni sono discutibili: non sono mai 15 minuti ma almeno 30, e dopo 9 ore di lavoro forse non avrei bisogno di fare qualcosa di utile, ma solo di riposarmi.
Eppure sono lì, tutte le sere e nei fine settimana. È una mia scelta o è, in parte, correlata anche al modo in cui è stata progettata l’app di Duolingo?
Gamification, design, dipendenza
Playing Mind Gamification: Theoretical Evidence of Addictive Nature of Gamification and Identification of Addictive Game Elements Used in Mobile Application Design è il titolo della tesi di laurea di Bushra Qazi Abbasi e Samrah Awais alla School of Engineering della Jönköping University.
La tesi indaga la relazione fra gamification, progettazione delle app mobili e dipendenza. È un tema complesso: la gamification è di solito considerata in termini positivi perché ha un impatto sul cambiamento delle abitudini, ci sono evidenze che dimostrano il legame fra uso dello smartphone e dipendenza, ma il triangolo no, non l’avevano (del tutto) considerato.
Eppure, dicono gli autori, una relazione c’è: se in un’app la gamification ha l’obiettivo principale di rendere il sistema più coinvolgente (e quindi di aumentare le interazioni), questo uso eccessivo può portare a problemi psicologici associati. In altre parole, alla dipendenza, all’ansia e alla depressione.
E quindi: la gamification è male? No. Ma chi progetta usando la gamification ha delle responsabilità.
Tempo e design
Rubo l’H2 a un libro meraviglioso di Paul Ricoeur, Tempo e racconto. Il tempo è parte attiva della narrazione: l’intreccio, il cuore dello storytelling (per dirlo a parole contemporanee) è lo svolgersi degli eventi lungo una linea più o meno cronologica.
Anche il nostro lavoro (il design dei contenuti) vive nel tempo. Costruiamo contenuti lungo uno user journey circolare che ha sempre un prima, un durante, un dopo. È una forma di racconto differente, ma è comunque uno strano viaggio dell’eroe.
Chi progetta servizi digitali progetta questo tempo. Se in ballo c’è un servizio, è meglio compattarlo per garantire una perfetta e rapida soddisfazione. Se si parla di un’app che monetizza con adv, la permanenza prolungata aiuta: per esempio, i social network sono pensati come contenitori senza fondo (bottomless) a scrolling infinito.
Lo scrolling infinito ha però diverse conseguenze sul circuito della dopamina, un neurotrasmettitore che controlla (anche) la sensazione di piacere ed è legato ai meccanismi di ricompensa e di gratificazione.
Lo scrolling infinito è una ricerca di novità e di gratificaficazione continua, è additivo, e produce un effetto dal nome espressivo: infobesità, un modo diverso di chiamare il sovraccarico cognitivo.
Su Duolingo non c’è scrolling infinito ma c’è gioco infinito, anche se quel gioco è apprendimento, è utile, l’ho scelto io. L’aver disattivato le notifiche è poca cosa se comunque mi resta l’idea che ogni giorno ho un compito e che se manco quel compito potrei perdere qualcosa che ho guadagnato (per esempio, il posto in classifica).
Egoisticamente, mi piacerebbe che ci fossero un inizio e una fine: che la disconnessione fosse “garantita” by design.
È un desiderio sbilenco e ingenuo. Viviamo e lavoriamo dentro strutture produttive orientate alla massimizzazione del guadagno, la dipendenza è parte di queste strutture, e non è certo (solo) colpa di designer di esperienze, visual e contenuti.
Mi piace però pensare che in qualche settore, da qualche parte, un ruolo attivo può averlo anche chi crea contenuti. Partire dall’architettura delle informazioni per soddisfare i bisogni in modo pratico e rapido, o intervenire su copy e microcopy per ridurre l’impegno, il tempo, il carico cognitivo.
La ragione per cui lo facciamo sottostà a regole e incarichi che riceviamo dall’alto, ma a volte il risultato può avere un impatto positivo nonostante quella ragione. Almeno su quel tempo che si può svincolare, contenere, accarezzare.
Il tempo che svincoliamo con un design dei contenuti accurato è comunque nostro. I time waster (cioè quegli ostacoli che lo sprecano) sono moltissimi in tutta la nostra giornata. Desideriamo una libertà che pesiamo in termini di ore o minuti, che cerchiamo di proteggere dalle infinite rogne dell’esistenza: fare una fattura, leggere Slack, accedere all’home banking dopo aver dimenticato il PIN.
Su questo tempo affrancato possiamo intervenire. È service design che passa anche dai contenuti e dalle parole, da un progetto su ampia scala che mette nel salvadanaio piccoli attimi di libertà.
Ho impiegato 3 ore per scrivere questa newsletter. Nel frattempo, Erkki-Finn mi ha appena superato nella classifica del livello Ametista su Duolingo. Sono solo 367 punti, in 30 minuti posso recuperare. Magari salto il pranzo.
Un piccolo reminder: il 7 e 8 novembre 2023 dalle 18 alle 20, terrò con Roberta Munno di Officina Microtesti una Masterclass online dal vivo dedicata al plain language per chi lavora con i contenuti nella PA e in azienda e vuole migliorare la comprensibilità, la pertinenza e l’usabilità dei testi che scrive.
È pratico, con esempi ed esercizi. Parleremo dei principi e delle buone pratiche della scrittura usabile (e quindi accessibile) attraverso lo standard delle nuovissime Linee guida ISO sul plain language. La Masterclass ha un attestato di partecipazione, e per chi non può frequentare le registrazioni.
Ultima nota: a fondo newsletter ci sono le fonti che mi hanno aiutato a scrivere questo numero.
Ci leggiamo a novembre, in forma più tradizionale.
Hey ho, let’go!
Valentina di Officina Microtesti
Fonti
Playing Mind Gamification: Theoretical Evidence of Addictive Nature of Gamification and Identification of Addictive Game Elements Used in Mobile Application Design, di Bushra Qazi Abbasi e Samrah Awais, Università Di Jönköping
The Psychology of Your Scrolling Addiction, di Kaitlin Woolley e Marissa A. Sharif, Harvard Business Review
Tempo e racconto, Paul Ricoeur (Jaca Book, Milano, 1993)
La natura ambigua dell’amore è un film di Denis Arcand del 1993
Triangolo è una canzone di Renato Zero del 1978. Non c’era bisogno di ricordarlo, vero?